Nel panorama calcistico italiano, pochi club incarnano lo spirito di una città come la Reggina 1914. Eppure, negli ultimi anni, lo storico sodalizio amaranto ha vissuto una delle sue fasi più complesse: prima l’onta dell’esclusione dalla Serie B, poi la quasi freddezza dell’imprenditoria reggina incapace di raccogliere 400.000 euro pe iscrizione in Serie D, cifra simbolica se confrontata al patrimonio emotivo e sportivo che il club rappresenta per la città di Reggio Calabria.
Oggi, a distanza di due anni da quel fallimento societario, resta una verità scomoda e inconfutabile: l’imprenditoria reggina ha voltato le spalle alla Reggina. Una mancanza non solo economica, ma anche culturale e identitaria, che pesa come un macigno sulle ambizioni di rinascita.
Nel deserto imprenditoriale reggino, una figura si è fatta avanti, in punta di piedi ma con determinazione Nino Ballarino, attuale patron della nuova Reggina. Uomo pragmatico, dai modi riservati, ha scelto di prendersi la responsabilità di ricostruire dalle macerie un club amato da un’intera città, pur consapevole dei limiti economici con cui deve fare i conti ogni giorno.
Chi oggi critica Ballarino e Minniti ( lo abbiamo fatto anche noi nei modi giusti e corretti) spesso dimentica un fatto fondamentale: sono gli univi a metterci soldi, faccia e cuore, senza alcuna reale alternativa imprenditoriale credibile all’orizzonte. Facile parlare, molto più difficile agire in un contesto dove anche le istituzioni locali, salvo rare eccezioni, sembrano latitare in termini di supporto strutturale.
La situazione attuale riflette un male atavico: la fragilità del tessuto imprenditoriale reggino, incapace non solo di garantire l’iscrizione in Serie D con un esborso contenuto, ma anche di organizzarsi attorno a un progetto comune, capace di unire calcio, economia e territorio.
Una città come Reggio Calabria, con oltre 170.000 abitanti e una provincia appassionata, avrebbe potuto rappresentare un laboratorio virtuoso di calcio sostenibile, se solo ci fosse stata una rete d’imprese pronta a condividere il rischio. Ma così non è stato.
In questo scenario, la figura di Ballarino e Minniti emerge come unicum nel panorama calcistico meridionale: un imprenditore che, pur senza capitali da Serie A, ha accettato la sfida di restituire stabilità e credibilità a un club che sembrava destinato all’oblio.
Sotto la sua gestione, la nuova Reggina ha iniziato un percorso prudente, ma concreto:
- Ha riportato l’attenzione sulla cura del settore giovanile, spesso ignorato dalle precedenti gestioni.
- Ha operato con un criterio di sostenibilità finanziaria, evitando fughe in avanti tipiche del passato.
- Ha rilanciato l’identità amaranto con iniziative sociali e promozionali, creando un nuovo rapporto con la tifoseria.
Certo, la strada è ancora lunga, e il salto di categoria resta un obiettivo complesso, ma l’importanza di gettare fondamenta solide non può essere sottovalutata.
Il rilancio della Reggina 1914 non può basarsi solo sulla buona volontà di una singola persona. Serve una visione collettiva, un progetto condiviso tra imprenditori, istituzioni, tifosi e media locali. Serve:
- Un patto territoriale per lo sport, che metta il calcio al centro di una strategia di sviluppo economico e sociale.
- Una cabina di regia che coinvolga anche i professionisti del marketing e del diritto sportivo, per dare solidità giuridica e visibilità commerciale al progetto.
- Un investimento in infrastrutture e comunicazione, perché oggi una squadra è anche un brand.
Oggi Ballarino è solo , ma non per questo è sconfitto. Al contrario: ha avuto il coraggio di fare ciò che nessun altro ha fatto. E mentre molti aspettano il “salvatore della patria” con il portafoglio gonfio, lui costruisce, un passo alla volta, una nuova Reggina fondata su trasparenza, passione e dignità.
È giusto criticarlo se si sbaglia. Ma è altrettanto doveroso riconoscere che, allo stato attuale, non esiste alternativa a questa gestione. E forse è ora che la città lo capisca davvero, smettendo di guardare al passato e iniziando a costruire, finalmente, un futuro.
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