Tra silenzi, scaricabarile e assenza di visione, la mancata iscrizione è uno schiaffo alla storia del calcio locrese
Nessun colpo di scena finale, nessuna iscrizione in extremis: l’ASD Locri 1909 non prenderà parte al prossimo campionato di Eccellenza calabrese. Una notizia che ha il peso di una sentenza per una città che da decenni respira calcio e che oggi si ritrova improvvisamente orfana della sua squadra, con un silenzio assordante che avvolge le responsabilità, molteplici, di questo fallimento. Perché quando una società non riesce a completare l’iscrizione, la colpa non è mai solo della dirigenza, ma di un intero sistema che ha smesso di funzionare.
Il primo punto da analizzare è inevitabilmente quello della gestione societaria. In un solo anno, il Locri ha visto avvicendarsi tre allenatori (Scorrano, Cozza, Zito) con un via vai tecnico che ha comportato un dispendio economico rilevante e poco sostenibile. La gestione contrattuale confusionaria ha portato a una mole debitoria che oggi risulta insostenibile per una realtà di Eccellenza, creando una situazione nella quale, al netto delle buone intenzioni, non si poteva più andare avanti.
Quello che doveva essere un progetto ambizioso è diventato ben presto un castello di sabbia, e le fondamenta fragili sono crollate sotto il peso delle spese mal calcolate e delle promesse non mantenute.
Se la società ha certamente le sue colpe, è doveroso puntare il dito anche verso le istituzioni locali. A Locri manca da anni una sinergia concreta tra il mondo sportivo e quello politico, tra il settore pubblico e quello imprenditoriale. Non si è riusciti a creare una rete di sostegno attorno alla squadra cittadina, né a coinvolgere in maniera strutturata gli attori economici del territorio.
Il fallimento dell’iscrizione, dunque, è anche figlio di una miopia istituzionale e di un’aridità di visione politica che ha lasciato soli i dirigenti, senza supporto, senza un tavolo di confronto, senza un piano di rilancio. In altre realtà calabresi — anche più piccole — si è visto come, con una governance condivisa tra pubblico e privato, si possano salvare anche le situazioni più critiche. A Locri, invece, si è preferito tacere.
Non è mancato, nei giorni immediatamente successivi alla notizia, il classico balletto delle responsabilità. Dall’ex presidente Modafferi, passando per Mollica e fino a Polifroni, attuale guida anche della Reggina 1914, si è assistito a una narrazione autoreferenziale in cui ognuno ha provato a salvaguardare la propria immagine piuttosto che analizzare con onestà gli errori commessi.
Questo atteggiamento alimenta una cultura della discolpa che danneggia il calcio locale. Senza una piena assunzione di responsabilità, ogni ripartenza sarà solo una toppa su una barca che imbarca acqua da ogni lato.
Il dolore dei tifosi, degli appassionati, degli operatori sportivi è palpabile. Il Locri non era solo una squadra di calcio, ma un baluardo identitario, un simbolo storico, una piazza da sempre rispettata in ambito dilettantistico e non solo. È difficile dimenticare le stagioni in Serie D, le partite allo stadio “Comunale” piene di orgoglio e appartenenza, il senso di comunità che il calcio riusciva a generare.
La mancata iscrizione sa tanto di resa, di sconfitta, di vuoto sociale. Non si tratta solo di perdere una squadra: si perde un pezzo di storia, di cultura sportiva, di relazioni umane.
La vicenda Locri dovrebbe essere studiata e analizzata a fondo da tutte le realtà sportive della regione. Lezione n.1: non si costruisce un progetto sportivo sostenibile senza basi economiche solide. Lezione n.2: non si può lasciare la gestione del calcio cittadino nelle mani di pochi, senza coinvolgere l’intero tessuto sociale. Lezione n.3: la comunicazione tra società, istituzioni e cittadini deve essere trasparente, efficace, orientata alla costruzione e non all’autoconservazione.
Ogni crisi porta con sé un’opportunità. A patto che si voglia coglierla. La città di Locri ha bisogno di una nuova classe dirigente sportiva, di istituzioni più presenti, di imprenditori che credano nel valore dello sport come volano sociale. Non servono miracoli, servono idee, persone competenti, e la volontà di non voltarsi dall’altra parte.
Il Locri è fuori dall’Eccellenza, ma il calcio locrese non è morto. Può risorgere. Ma solo se si mettono da parte le vecchie logiche e si scrive una nuova pagina. Insieme. Davvero.
