di Antonio Strangio Giornalista
Ci sono notizie che aspettiamo con ansia e trepidazione e non vediamo l’ora che arrivino a destinazione perché sappiamo bene che possono cambiare il corso della vita di una persona, un gruppo o un intero paese. E ci sono altre invece che non vorremmo mai sentire o ricevere perché rischiano di uccidere le speranze e i sogni di chi è coinvolto da quella stessa notizia. Il ritiro della squadra juniores del San Luca dal campionato nazionale, appartiene a questa seconda categoria e ci coinvolge a tutti, perché a perdere e morire non è solo la società e i ragazzi che componevano questo straordinario gruppo, ma tutto il sistema paese: dalle istituzioni locali a quelle nazionali, passando attraverso tutti quegli enti, pubblici e privati che non hanno mosso un dito per salvare una realtà sportiva che in un piccolo paese come san luca non è solo sportiva ma anche sociale. E la rabbia ti assale e quasi ti umilia, perché la ragione di una scelta fatta a malincuore, ma necessaria e non più procrastinabile, è dettata da un provvedimento legittimo quanto si vuole sotto l’aspetto della legalità, ma che con un po’ più di buon senso e soprattutto sensibilità civica, poteva essere gestito diversamente, se consideriamo gli effetti collaterali del provvedimento alla luce del pantano burocratico nel quale tutto il nostro paese è costretto a muoversi. E poco di educativo c’è in un provvedimento che alla fine determina soltanto la fine di un sogno e la rottura di quel rapporto di fiducia con chi ha il compito di rappresentare lo Stato e le Istituzioni a tutti i livelli. Andate a spiegare in un altro paese che non è l’Italia, oppure a Nord di Napoli che in un piccolo paese della Calabria, una squadra di calcio giovanile è stata costretta ad appendere le scarpette al chiodo perché il campo dove si allenavano è stato sequestrato per un problema che poi non era un grosso problema se si pensa alla situazione di tutto il paese di San Luca, e perché a distanza di più di due mesi non si è ancora riusciti a mettere a norma un “lavoro” che in altri paesi avrebbero risolto e definito nel giro di poco meno di una settimana. Vi guarderebbero con occhi stralunati e vi riderebbero in faccia, non sapendo che in Italia e soprattutto al Sud, è così. Il campo di calcio sequestrato perché il tubo di uscita dei servizi igienici sversava nella vicina fiumara, dopo che era stato allegramente e festosamente inaugurato organizzando una partita della legalità che ha visto protagonisti la nazionale dei cantanti e quella dei magistrati, è la fotografia reale di un paese, l’Italia, divisa in tanti piccoli o grandi gironi. Nell’ultimo, il più piccolo, sono costretti a vivere e morire i paesi come san Luca, che per pisciare là dove invece i magistrati e i cantanti hanno pisciato allegramente e senza vergogna, hanno invece bisogno di un autorizzazione e un certificato che deve passare prima dalle mani del comune il quale poveretto, deve prima mettere in sicurezza lo stato delle cose incriminate e poi chiedere i successivi sopralluoghi e pareri alla Città Metropolitana che a sua volta dovrà acquisire il parere e l’autorizzazione dell’ASP di Reggio Calabria e di quella di Locri, prima di potere raccogliere tutto in una capiente busta e girarlo al giudice incaricato per il relativo dissequestro del bene sequestrato. Fotografia di un paese, l’Italia dove i tentacoli della burocrazia bloccano tutto e tutti e dove sperare ancora che qualcosa cambi o possa cambiare è un rischio non calcolato. La juniores del San Luca, affidata alle cure di un capace giovanotto nato e cresciuto a Napoli, cugino guarda caso del famoso portiere della nazionale Gigione Donnarumma, era composta da venti ragazzi nati e cresciuti tutti nel comprensorio della locride, almeno 12 nel paese di san luca, dove il calcio, fino a qualche giorno fa era un mezzo per ammazzare la noia e cercare la gloria, e un motivo in più per tenere il più lontano possibile i vizi e le insidie che la strada nasconde e che dall’8 settembre sono ritornati prepotentemente alla ribalta perché a questi stessi ragazzi è stata negata la gioia di correre in lungo e in largo su un tappeto verde rincorrendo un pallone che non è più pezzato di bianco e di nero. Lo scrittore Alberto Camus a proposito del gioco del calcio ha scritto, “ che non c’è un altro posto del mondo dove l’uomo è più felice che in uno stadio di calcio”. Noi molto più modestamente siamo costretti a dire che invece non c’è un altro posto del mondo dove il ragazzo rischia di finire male e di cadere peggio che non sia una strada, perché uno stadio è stato chiuso e i suoi attori ( i calciatori) lasciati fuori.
P.S. Come scrive lo scrittore e giornalista uruguaiano, Eduardo Galeano, una delle personalità più autorevoli e stimate della letteratura latinoamericana, un giornalista chiese alla teologa tedesca Dorothee Solle>: “Come spiegherebbe a un bambino che cosa è la felicità?” “Non glielo spiegherei”, rispose. “Gli darei un pallone per farlo giocare”. Ai ragazzi di San Luca il pallone è stato…sequestrato. E con questo credo di aver detto tutto!
San Luca 19 novembre 2023